sabato 27 dicembre 2014

DI CHE MOVIMENTO POLITICO ABBIAMO BISOGNO? (inedito) di Costanzo Preve

27 dicembre
Era l'autunno del 2004. L'euro era da poco entrato in vigore. Il Movimento no-global si stava inabissando, mentre il governo Berlusconi era stato costretto a fare marcia indietro sull'Art.18. La Resistenza contro l'occupazione anglo-americana (sostenuta da vari paesi tra cui l'Italia ) dilagava e sferrava colpi durissimi, e G.W.Bush stava per essere rieletto per la seconda volta. 

In quei mesi nell'area antimperialista (da poco colpita da una dura offensiva repressiva accompagnata da una potente campagna di calunnie a mezzo stampa) si stava discutendo se dare vita ad un nuovo movimento politico, e quindi della natura ed del profilo che esso avrebbe dovuto avere. Costanzo si considerava dell'impresa. Inviò questa lettera ai compagni spiegando quali fossero le sue idee in proposito. Riteniamo utile pubblicarla. Costanzo condensa in poche ed efficaci paginette quale fosse il suo punto di vista: andava fondato sì un movimento anticapitalista, ma senza le stimmate del marxismo, ed oltre la dicotomia destra-sinistra. 
[Nella foto Costanzo Preve, a sinistra, in uno dei forum al Campo Antimperialista (Assisi) dell'agosto 2000]

CONTRIBUTO ALLA DISCUSSIONE PREPARATORIA SULLA COSTITUZIONE DI UNA NUOVA FORZA POLITICA IN ITALIA

di Costanzo Preve

Ho sentito recentemente riproporre da amici, e compagni. con cui collaboro da circa quattro anni la tesi della possibilità-opportunità-necessità di una nuova forza politica. Personalmente anch’io auspico una simile forza politica. Sono piuttosto pessimista (o forse”realista”) su di un suo rapido sviluppo a breve o medio termine. 
Un conto è il “bacino di ascolto ed interesse” (presumibilmente discreto), ed un conto è il bacino di “militanza” (presumibilmente molto basso) perché in questo periodo storico mi sembra che la disponibilità generale alla militanza sia minima. 

Quelle che seguono sono da un lato riflessioni, dall’altro però anche la sincera enunciazione pubblica senza diplomatismi furbeschi delle condizioni minime di una mia possibile futura adesione organica. Un conto è infatti scrivere, spedire e pubblicare interventi teorici e filosofici (che continuerei ovviamente a fare), un conto invece una aperta adesione politica. Non intendo comunque, alla mia età e con la mia esperienza politica (sono nato nel 1943 ed ho cominciato a fare politica nel 1963), mettermi a tavola per mangiare cibi cucinati da altri. Questa è una cosa che non farò mai più. E’ bene dunque che sia chiaro a tutti che una cosa del genere mi interessa come cuoco e non come cliente. Meglio che su questo non nascano equivoci dolorosi e noiosi.

ESPOSIZIONE DELLE TESI

Inizierò con una riflessione sul nome dell’eventuale forza politica. Il nome deve infatti essere un compendio fedele del contenuto, e non un segnale identitario ideologico (tipo Democrazia Proletaria, cioè l’organizzazione meno proletaria mai esistita, oppure Partito della Rifondazione Comunista, che è in realtà un partito cesarista e leaderistico-mediatico di rifondazione no-global e new-global). Passerò poi ai tre punti programmatici fondamentali che a mio avviso devono caratterizzare questa forza politica. Seguiranno due allegati il cui scopo è chiarire ulteriormente i punti indicati per la discussione.

Roma, 29 aprile 2004: in solidarietà col la Resistenza irachena
SUL NOME DELLA FORZA POLITICA DA COSTRUIRE


I Nomi sono importanti, perché devono indicare un rapporto con le Cose, e non solo oniriche intenzioni soggettive o fantasmi identitari di appartenenza militante. Per questa ragione indico un nome volutamente sobrio e “moderato”, e cioè: MOVIMENTO ITALIANO PER LA LIBERAZIONE E L’INDIPENDENZA.

"Movimento" e non Partito, anche se ovviamente un movimento organizzato funziona poi come un partito, in quanto deve avere strutture di direzione chiare, riconoscibili, democraticamente elette e democraticamente revocabili. Questo non implica assolutamente “movimentismo”. L’opposizione astratta fra movimentismo e partitismo è pura metafisica scolastica. Tuttavia, linguisticamente, il termine “partito” indica maggiormente una “rappresentanza”, o di interessi economici o di missione storica (anzi, sovrastorica), mentre il termine “movimento” indica maggiormente una “attivazione” che intende favorire aggregazioni.

Non si allude volutamente al “comunismo” (vedi allegato A) o al “marxismo” (vedi allegato B), per ragioni che verranno chiarite più analiticamente in questi due allegati. Non si parla di Forze Popolari, o altri termini guerriglieri e terzomondisti. perché non siamo in Nepal o in Colombia, e bisogna ispirarsi al giusto motto di “non farci ridere dietro da tutti”.

Si dice “italiano” non certo per nazionalismo, quanto per indicare che non si pretende di rappresentare simbolicamente il mondo intero (comunismo, no-global, eccetera), ma ci si limita a relazionarci con altre forze a noi simili ed affini presenti in Europa e nel mondo. 
Il termine "liberazione" deve essere inteso in due sensi: liberazione dalla dittatura dell’economia capitalistica-neoliberale, che mercifica tutto e tutti, e liberazione dalla dittatura militare imperiale americana, che priva l’Italia e l’Europa di ogni sovranità. 
Il termine "indipendenza" significa il fine politico proposto dalla nostra forza politica. Chi lo trova generico e poco “classista” dovrebbe rifletterci un poco sopra. La parola “comunismo” come fine politico implicherebbe due cose, e cioè primo che tutti gli aderenti dovrebbero essere d’accordo a priori con queste finalità e secondo che si avesse fra di noi almeno la condivisione di un significato univoco di questa paroletta, il che ovviamente non è (se non l’anticapitalismo in negativo, che non è una condivisione in positivo). In quanto al “classismo”, personalmente non condivido un riferimento monoclassista proletario. Chi vuole questo riferimento monoclassista proletario trova nel mercato politico italiano molte piccole organizzazioni che lo garantiscono, dalle Brigate Rosse della Lioce alle sette dl tipo trotzkista e bordighista. Chi vuole invece le “moltitudini” può accomodarsi nella vasta galassia negriana ed autonoma. Non c'è proprio bisogno di Preve, che romperebbe solo le scatole.

I TRE PUNTI PROGRAMMATICI FONDAMENTALI

A mio avviso, per questa forza politica bastano ed avanzano tre punti programmatici. fondamentali, e cioè:
(I) Resistenza alla dittatura oligarchica dell’economia capitalistica, senza un’imposizione contestuale di un solo profilo ideologico che dovrebbe fare da unico fondamento legittimo di questa resistenza,
(II) Resistenza all’attuale struttura imperialistica del mondo, di cui l’impero militare americano non è che l’odierno aspetto dominante, ma che certamente non è l’unico o quello cui bisogna ricondurre tutto,
(III) La scelta di tenersi integralmente fuori dal bipolarismo Ulivo-Polo, non per ragioni di. principio astoriche eterne, ma sulla base di un giudizio politico determinato, che potrebbe anche essere modificato in futuro se cambiasse il panorama politico europeo e mondiale.
Discutiamo ora questi tre punti uno per uno.

RESISTENZA ALL’ECONOMIA CAPITALISTICA
Roma, manifestazione di solidarietà col popolo iracheno

Siamo oggi dì fronte ad un dato paradossale, da cui possiamo e dobbiamo partire. Da un lato, c’è una maggioranza virtuale, o quantomeno una corposa minoranza, che non accetta i valori morali ed economici del capitalismo, cerca di resistere alle sirene della flessibilità e della precarietà del lavoro salariato, si rifugia nel lavoro “autonomo” non certo per entusiasmo elettivo ma per impossibilità di avere un “posto fisso” (cui invece aspirerebbe se potesse), mostra ripugnanza per i tentativi di “aziendalizzare” integralmente ciò che non è per sua propria natura aziendalizzabile (la cultura, la scuola, l’assistenza sanitaria, eccetera), ed in definitiva concede solo a questo sistema una sorta di “obbedienza passiva”, mescolanza di incertezza e di impotenza, obbedienza passiva molto simile a quella a suo tempo prestate alle dittature novecentesche fasciste e “comuniste”. Obbedienza  politica passiva alle dittature politiche ieri, obbedienza passiva alla dittatura economica oggi.

Dall’altro, ed in modo solo apparentemente contraddittorio, questa larga insofferenza ai nuovi imperativi economici (che, ripeto è addirittura maggioritaria, o almeno corposamente minoritaria) convive e coesiste con una assoluta e verificabile indisponibilità ad una militanza politica stabile di tipo anticapitalistico. Da una sensibilità di massa si precipita a prefissi da elenco telefonico. Da un potenziale anticapitalismo generico minoritario (o almeno corposamente minoritario) si passa ad un anticapitalismo specifico organizzato ultra-ultra-minoritario. Questa è a mio avviso la contraddizione da cui partire.

Bisogna allora respingere ogni spiegazione consolatoria, anche se in molti casi realistica. Il riferimento alla sproporzione  di mezzi propagandistici e mediatici, ad esempio, non è una spiegazione, ma solo un’inutile lamentosa constatazione. Il riferimento alla caduta implosiva catastrofica del cosiddetto “socialismo reale”, che fa venir meno ogni possibilità immediata di una gestione alternativa dell’economia e delle forze produttive, non è una spiegazione, ma solo un dato storico su cui, fra l’altro, non esiste neppure fino ad oggi una diagnosi coerente, o almeno largamente condivisa, al di fuori di indegne banalità del tutto non-marxiste come l’allusione al ”tradimento dei burocrati”. 
II riferimento ai mutamenti nelle tecnologie produttive (dal fordismo al post-fordismo, eccetera) non è una spiegazione perché è assurdo ridurre una cosa complessa come l’opposizione al capitalismo ad una semplice questione come i mutamenti tecnologici di processo. E potremmo continuare. 
Roma, marzo 2003: l'oceanica manifestazione contro la guerra in Iraq

Ma non è il caso. E’invece necessario fare l’ipotesi che forse il nodo da cui si potrebbe forse uscire da questa contraddizione sta in ciò, che non è opportuno imporre all’anticapitalismo generico di oggi una condizione ideologica preventiva per legittimare il passaggio dal generico, disagio anticapitalistico all’anticapitalismo politico. E questo vale per tutti i riferimenti ideologici preventivi, nessuno escluso, dalIa nostalgia del vecchio PCI togliattiano (PdCI cossuttiano) all’adesione alla galassia ideologica Noglobal (PRC bertinottiano), dall’adesione a qualche variante delle scolastiche trotzkiste, bordighiste, maoiste o operaiste presenti sul mercato politico da decenni sempre strutturalmente minoritarie, fino alle nostre stesse posizioni (lrak Libero, eccetera). 

Se poi qualcuno mi volesse fare cortesemente osservare che un’anticapitalismo generico non è sufficiente, oppure che è “poco scientifico” (in quanto prescinde dalla conoscenza di Marx, dalla pratica di Lenin, eccetera), gli risponderò che ne sono perfettamente consapevole, ma non ritengo questa obiezione risolutiva. L’anticapitalismo, infatti, non è un dato astorico oppure epocale permanente, sempre eguale dal settecento ad oggi, ma è qualcosa di storicamente determinato in senso spaziale e temporale, ed è cioè qualcosa di dipendente dall’esperienza generazionale, dalla collocazione sociale nella divisione del lavoro, eccetera. Questa è la ragione per cui, a mio avviso, esso non deve essere preventivamente sottoposto alla condivisione di un’ortodossia ideologica, fosse pure la migliore del mondo. E dal momento che l’ortodossia ideologica migliore del mondo per ciascuno di noi finisce di fatto con l’essere la propria, dando luogo a tragicomiche vicende di tipo narcisistico ed autoreferenziale si organizzano di fatto solo i pochissimi “veri credenti”.
Questo discorso, ovviamente, vale innanzitutto per me stesso, e mi considero pienamente consapevole di questo.

Chi pensa che una piattaforma di anticapitalismo generico darebbe luogo a contraddizioni profondissime di tipo economico (salariati ed autonomi), politico (anticapitalismo di destra e di sinistra) e soprattutto culturale (perché sono ovviamente diversi gli aspetti del capitalismo che piacciono o non piacciono a ciascuno di noi), ebbene sappia che ne sono perfettamente consapevole. Ma pur essendone consapevole la ritengo comunque una risorsa dinamica, o quanto meno un male minore rispetto al male maggiore dell’uniformazione ideologica preventiva.
D’altro canto, mi chiedo come si possa seriamente pensare di riuscire a far passare una “linea di massa” sulla base della richiesta dell’uniformazione ideologica preventiva, fosse pure la migliore (o la meno peggiore) del mondo.
Oggi il capitalismo è “percepito” come cattivo da una maggioranza (o quanto meno da una corposa minoranza), mentre è “interpretato” come cattivo da una piccolissima minoranza ultra-ideologizzata, per di più spaccata al suo interno in decine di sette rabbiosamente ostili una all’altra per la divisione delle piccolissime quote di militanza nella ristrettissima nicchia di mercato socio-politico.
E questo è in breve il primo punto programmatico.

RESISTENZA ALL’IMPERIALISMO  ED A QUELLO AMERICANO  IN
PARTICOLARE

Non ho certo paura del termine anti-americano o anti-americanista ma,  ammetto che effettivamente esso si presta ad equivoci spiacevoli, come se fossimo dei fanatici monomaniaci che individuano negli USA il Male Assoluto. Ora, tutti mali sono “relativi” agli uomini ed alla loro storia (da Hiroshima ad Auschwitz)  e non esistono mali “assoluti”, perché l’Assoluto, dato e non concesso che esista (ed Hegel pensava che esistesse, mentre invece Marx non lo pensava), esiste comunque solo nel mondo delle idee, perché nel mondo reale tutto è “relazionato” (relazionato, non relativo, visto che scrivere in maiuscolo Relativo è farlo diventare un assoluto) con altro. Questa, signori, è la dialettica.
Dunque, niente USA come male assoluto. E dunque respingiamo ogni accusa di antiamericanismo assoluto. L’americanismo, militare imperiale (AMI) è però un nemico. Dunque, se vogliamo, noi non siamo nemici degli USA, ma degli AMI sì. Tuttavia, non giochiamo più con le parole, ma cerchiamo di chiarire i concetti.

Oggi il potere unilaterale militare americano non è che la forma presa dall’odierno imperialismo. Questo non significa, ovviamente, che ci sia oggi un solo potere imperialista nel mondo, e Francia, Inghilterra, Germania, eccetera, fino alla piccola Italia ulivo-polista, non sono più potenze imperialiste per nulla. Mi chiedo come ci si possa seriamente attribuire una simile sciocchezza. Oggi il potere imperiale americano sovradetermina la conflittualità inter-imperialistica in modo storicamente inedito, perché non è ancora mai successo finora nella storia del mondo (impero romano, impero mongolo, impero navale britannico, eccetera) che una singola potenza intendesse attuare un effettivo dominio militare mondiale.

Scrivo, senza sapere ancora se vincerà Bush o Kerry. Ma in ogni caso, con dosi maggiori o minori di cosiddetto “multilateralismo” e di coinvolgimento subalterno ONU, eccetera, non cambierà nell’essenziale lo scenario di dominio, militare americano.

Ed ecco il perché del termine INDIPENDENZA. Noi dobbiamo essere la forza, di fatto l’unica in Italia, che non fa sconti e compromessi sul ritiro, integrale di tutte le basi militari americane e NATO dall’Italia e dall’Europa, e questo senza premettere ideologicamente il riferimento al proletariato, al marxismo e al comunismo, ma semplicemente per rimettere alla sovranità democratica del popolo (necessariamente pluriclassista) il potere che gli viene tolto dalle basi americane.
Sovrano è solo chi è sovrano nelle condizioni di  emergenza. E se l’emergenza è in mano alle decisioni delle basi militari (e nucleari) americane, non c’è sovranità.
E questo è in breve il secondo punto programmatico.

CHIAMARSI FUORI DAL BIPOLARISMO CENTRO-DESTRA/CENTRO-
Firenze, ottobre 2002 in occasione del sociale forum europeo
SINISTRA

Questo terzo punto è il più delicato e contrastato. Sui primi due ci può essere forse un consenso di massima —no al capitalismo che mercifica tutto, no all’arroganza imperiale americana—, ma sul terzo fioccano invece le obiezioni ("Berlusconi è il nemico principale", "fare fuori Berlusconi e poi penseremo al resto", eccetera). E’allora necessario iniziare respingendo due punti di vista presenti nel piccolo mondo settario-gruppettaro che si scontrano con il buon senso prevalente nel mondo esterno. In primo luogo, non è ovviamente vero che il Polo e l’Ulivo sono “eguali”, perchè sono entrambi “borghesi” o “antiproletari”. 
Lasciamolo dire ai gruppuscoli bordighisti e trotzkisti. Bisogna invece ammettere apertamente che Polo e Ulivo sono diversi per insediamento sociale, rappresentanza differenziata di gruppi sociali, culture politiche di riferimento, eccetera. E non potrebbe essere diversamente, perché Polo e Ulivo, lungi dall’essere una “sola massa reazionaria”, sono la prosecuzione, nella nuova situazione della seconda repubblica italiana nata dal colpo di stato giudiziario kafkianamente detto “mani pulite” (laddove non ci fu mai nulla di più “sporco”), di divisioni sociali e culturali presenti già, sia pure in forma diversa ed apparentemente irriconoscibile, nella prima repubblica. Persino nella politica estera ed europea vi sono differenze, anche se l’ulivista D’Alema ha fatto la guerra del 1999 e il polista Berlusconi ha aderito alla guerra del 2003, entrambe ad assoluta sovranità strategica e militare USA.

In secondo luogo, sarebbe assurdo dire che con l’Ulivo non ci si potrebbe alleare mai perché un signore ucraino chiamato Trotzky ha scritto nel 1934 che non si possono mai fare per principio dei “fronti popolari”, e questo varrà sempre per i tempi dei tempi fino a che finalmente sarà possibile riedificare una salvifica Quarta Internazionale planetaria. Gli allucinati che pensano questo hanno già la loro piccola nicchia politico-ideologica per compiere i loro riti identitari. No, non è così. E’ anzi del tutto possibile che in futuro si possano creare situazioni inedite ed oggi imprevedibili per cui potrà essere utile e necessario fare alleanze politiche con un Ulivo (o con un Polo) trasformati da eventi tellurici di tipo economico e sociale per ora inimmaginabili.
Mai legarsi le mani da soli con ortodossie estrapolate da eventi del passato. Lenin non lo ha fatto (esempio Tesi di Aprile del 1917).
Roma, settembre 2006
Il chiamarsi fuori dal bipolarismo Polo-Ulivo è allora, e non potrebbe mai essere diversamente, non certo una petizione dogmatica di principio di “purezza”, ma una decisione politica concreta in risposta ad una analisi storica determinata. E dal momento che l’ipotesi dell’appoggio al Polo è solo scolastica, astratta e teorica, mentre quella dell’appoggio all’Ulivo è invece reale, discussa, concreta, desiderata da molti, credibile, eccetera, bisogna allora tralasciare del tutto come irrealistica la prima ipotesi, e ragionare solo sulla seconda, quella che potremmo definire del Male Minore fra i Due Mali (Polo male maggiore, Ulivo male minore, e dunque per ora scelta del male minore). 

La teoria del Male Minore è praticamente irresistibile, perché corrisponde ad un’esperienza quotidiana e ne rappresenta l’estrapolazione nel rarefatto mondo della rappresentanza politica. Peccato che sia del tutta falsa. Mentre esistono veramente  i “mali minori” in molte scelte concretamente controllabili dalla nostra prassi quotidiana, la delega di decisioni politiche a gruppi oligarchici (come la guerra o la pace a D’Alema ed a Berlusconi, che hanno in comune quello di essere incontrollabili dai loro elettori perché rispondono solo a mandanti politico-diplomatici sistemici di altissimo livello) è invece del tutto incontrollabile. Sia che noi crediamo al superamento della dicotomia Destra/Sinistra sia che invece non ci crediamo (perché crediamo alla rigenerazione della sinistra e/o alla “vera sinistra ideale”, eccetera), in ogni caso la preferenza per l’Ulivo si basa sulla premessa, del tutto mitica, inverificabile e congetturale, della possibilità di influenzare i suoi vertici politici su questioni di tipo economico  e politico-militare reali.

Ed invece non è così. Due sono le questioni in cui il vertice dell’Ulivo è del tutto intrasformabile. Primo, la questione della precarizzazione e flessibilizzazione sempre maggiore del lavoro salariato e dipendente. Secondo, la questione della permanenza delle basi militari sia NATO che USA in Italia ed in Europa. Mille contorsioni retoriche ed elettorali di Diliberto e di Bertinotti non possono cambiare di un grammo la situazione. 
Chi si orienta in base alla categoria del Meno Peggio sappia che l’ideologia del menopeggismo, fase suprema delI’Antiberlusconismo, farà sì che le retoriche di Bertinotti e Diliberto verranno soddisfatte al 5 per cento mentre il 95 per cento sarà nelle mani “sistemiche” delle oligarchie capitalistiche, nel sorriso da furetto presuntuoso di Amato e nel ghigno di sufficienza nichilista di D’Alema. Chi scriverà la preferenza elettorale per Ferrando (di cui è già programmato al cento per cento che non verrà eletto mai, come per il povero Maitan in Rifondazione) sappia che il suo voto servirà solo a mandare in parlamento il sionista Rutelli. 

Per questa ragione è del tutto inutile ipotizzare di fondare una nuova forza politica se non ci si mette bene d’accordo sul fatto che in ogni caso, per ora e nelle attuali condizioni storiche, non si vota per l’Ulivo e ci si mette fuori dell’illusione bipolare Polo-Ulivo. E nelle stesso tempo deve essere anche chiaro che non ci si presenta alle elezioni in modo testimoniale senza che ci siano ancora le condizioni minime di visibilità e di consenso, perché questo vorrebbe dire prendere percentuali da prefisso telefonico e farsi ridere dietro da tutti. Ancor peggio, vorrebbe dire di fatto ridicolizzare una causa storica e strategica con elettoralismi affrettati e mediatici.

ALLEGATO A. SUL COMUNISMO
Genova, 20 luglio 2001

Nessuno può impedire a qualcuno di essere e proclamarsi pubblicamente “comunista”, come nessuno può impedire a qualcuno di essere e proclamarsi cristiano o musulmano.
Quando però si passa dalla autoproclamazione  privata e pubblica del proprio essere “comunista” al chiarimento razionale di che cosa si intende dire con questa autoproclamazione, allora comincia la torre di Babele. Voglio oppormi al capitalismo. Voglio essere fedele ai miei ideali di gioventù. Voglio rivendicare quello che c’era di buono in Stalin, Togliatti, il socialismo reale, i partiti comunisti, eccetera. Voglio continuare a richiamarmi a Marx (oppure Engels, Stalin, Mao, Trotzky, eccetera). Non accetto il verdetto della fine capitalistica della storia. Berlusconi mi fa schifo. Non tutto è merce. Eccetera, eccetera.
Ridotto a questo, il comunismo diventa di fatto, al di là delle migliori intenzioni un fantasma identitario. Ora, agitare un fantasma identitario che nasconde centinaia di significati diversi e spesso opposti non può diventare la precondizione per l’adesione ad una forza politica oggi. I “comunisti” allora è bene che ci aderiscano individualmente rivendicando pienamente quello in cui credono, senza pretendere però che questo “comunismo” diventi un vincolo ideologico comunitario di partito.
Con questo, non dico che Lenin e Gramsci hanno fatto male a fondare ai loro tempi dei partiti comunisti. Personalmente, ritengo invece che abbiano fatto benissimo. Ma ai loro tempi la parola “comunismo” significava una cosa ben precisa (dittatura del proletariato industriale, abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, partito unico che si fa stato, socializzazione formale e statalizzazione reale delle forze produttive, filosofia marxista ridotta ad ideologia di partito, ateismo di stato, eccetera), e allora essere “comunisti” voleva dire una cosa ben precisa (anche se poi inevitabilmente spaccata fra ortodossi ed eretici). Ma oggi non è più così, o meglio è ancora così solo per i gruppi fondamentalisti, non importa se neostalinisti o neotrotzkysti (ed allora chi lo vuole si accomodi con loro). Non si sente il bisogno oggi di un’ennesima setta neocomunista di tipo mazzeo-previano-pasquinelliana, il cui motto inevitabilmente non potrebbe essere “Proletari di tutto il mondo unitevi”, ma “Prepariamoci a farci ridere dietro da tutti”.
Se poi qualcuno vuole il comunismo come improvvisazione mediatica alla Bertinotti priva di capacità di bilancio storico e teorico e regno del peggiore analfabetismo scientifico e  filosofico, allora si accomodi in una organizzazione già esistente, il cui prossimo ministerialismo aumenterà ancora il circo di adulatori, nani e ballerine.

ALLEGATO B. SUL MARXISMO


Comunque lo si definisca o lo si voglia interpretare, il “marxismo” non  è un distintivo che si porta all’occhiello per segnalare agli altri un’appartenenza ideologica di gruppo o di partito, ma è piuttosto un apriscatole che serve a mangiare il cibo della conoscenza scientifica e filosofica della società. Nelle attuali condizioni esso può solo essere formulato in forma aporetica e non sistematica, ed è un’illusione pericolosa (che personalmente non accetterò e non avallerò mai) pensare che una sua versione, per buona che sia, debba essere posta a fondamento di un gruppo politico. Oggi il marxismo è un libero cantiere di ricostruzione aperto a tutti, non una bandiera di organizzazione.

Torino, ottobre 2004




22 commenti:

Anonimo ha detto...

Cari compagni, sulle stimmate del marxismo ha ragione Preve.
Sul destra e sinistra bisognerebbe capire che se la pretesa che non esistano più differenze è un'assurdità ma che d'altra parte proprio su questa distinzione archetipica si arenano tutti i tentativi di creare un fronte unito antielitario e antiliberista.

Allora proviamo a considerare che destra e sinistra in un sistema democratico esisteranno sempre e anche se non ci fa piacere la democrazia prevede che anche dei movimenti xenofobi abbiano il diritto di portare avanti le loro proposte politiche purché non siano apertamente razziste.

I paletti imprescindibili che dobbiamo porre in maniera chiara sono il rispetto della democrazia e l'antiliberismo (ossia lo Stato al centro dell'economia); se un movimento di destra rispetta queste pregiudiziali non possiamo fare gli schizzinosi e dobbiamo allearci per lottare insieme contro le élites internazionali.

Fiorenzo Fraioli ha detto...

Il "mazzeo-previan-pasquinellismo" è miticooo!!!

Anonimo ha detto...

nessuna tragicomica narcisistico-autoreferenziale, ho apprezzato il cibo cucinato da Costanzo, ha soddisfatto le aspettative...anche se averle create in premessa tradisce un po' di sfiducia sulla raffinatezza dei gusti dei commensali, e questo un po' egoico lo è...forse dopo troppi banchetti finiti a discutere su chi lavava i piatti...

il mio motto-contributo, per delineare meglio una piattaforma di troppo generico anticapitalismo, è il solito: la via del fare è l'essere.
le possibili contraddizioni di ceto, politiche o culturali Fromm le risolverebbe sul piano esistenziale, con le Modalità Avere o Essere.
sarebbe quindi auspicabile che gli aderenti non vogliano Avere un Movimento ma Essere il Movimento, luogo cioè dove si è se stessi o incoraggiati ad esserlo, ciascuno nella propria, unica, autentica, umanità.

la società capitalistica predispone alla modalità esistenziale dell'Avere e siamo mediamente tutti dotati di ipertrofici Ego.
la compulsione a cercare oggetti esterni, comprese le gratificazioni intellettuali, rivelano il tentativo di compensare il vuoto spirituale, la Gioia perduta.

per me, la giusta disciplina corpo-mente, attraverso la meditazione zen (svuotamento di "sé" dagli orpelli dell'ego), favorisce e attiva la creatività e la grazia dell'agire (anche politico) responsabilmente, inteso come abilità nel rispondere agli eventi macro e micro della vita.francesco

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=39583

Anonimo ha detto...

finchè continuerete a scrivere e parlare così forbito
chi potrà ascoltarvi? il pensionato? la casalinga? l'adolescente?
Dovreste imparare dai teleimbonitori il dono della sintesi
e dei messaggi spot che arrivano dritti al bersaglio.
La questione è semplice ed è condivisibile da tutti:
La vita è dura e crea in noi malessere quotidiano.
La disoccupazione, lo sfruttamento del lavoro, i mutui,
le bollette la microcriminalità i disservizi l'inquinamento
il traffico cittadino lo scarso tempo a disposizione per gli affetti,
la guerra, l'angoscia di non essere all'altezza,l'angoscia dei debiti,
il deterioramento dei rapporti sociali, il soffocamento della
fantasia e della gioia di vivere PERCHè IMPIEGHIAMO L'INTERA ESISTENZA
A SBARCARE IL LUNARIO hanno un unica causa:
L'ERRATA ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA MONDO.
Questo è lo spot da mandare:
IL CAPITALISMO è LA CAUSA DI TUTTI I MALI.
Tutti percepiscono il malessere ma pochi sanno
identificarne la causa.
Bisogna demolire i luoghi comuni con il paradosso.
Luogo comune ad esempio è che le imprese diano lavoro. Sei sicuro?
Io dico che le imprese si appropriano del lavoro, una funzione che dovrebbe
essere statale e quindi lo tolgono, perchè, lo ripeterò fino alla noia,
c'è il miracolo della tecnologia e automazione che solleva l'uomo dal lavoro
ma siccome i mezzi di produzione sono privati le industrie comprano robot
e licenziano le persone. il risultato è disoccupazione e super carichi
di lavoro per chi resta al lavoro.
Poi dico l'ultima:
Uno degli errori del comunismo fu di associarsi all'ateismo
come se i credenti fossero i capitalisti...
Allora vi dico che non c'è niente di più vomitevole
e lontano da Dio, del denaro e della competizione tra gli individui.
IL CAPITALISMO è ANTICRISTIANO.
Siate furbi, anche se non ci credete non regalate la religione ai capitalisti.

Anonimo ha detto...

Anonimo delle 11:39

A parte i toni un po' troppo ispirati ed enfatici hai colto nel segno.

1) I comunisti hanno il vizio molto piccolo borghese dell'intellettualismo compiaciuto ed è ora che se lo levino.

2) Lo spirito religioso è essenziale basta vedere come l'unico che si possa permettere di criticare il sistema oggi sia proprio il Papa. Il comunismo era vincente finché la gente aveva "fede" in esso, non dimentichiamolo.

3) Il fronte politico che dobbiamo creare deve essere in primo luogo anti liberista (e qui aspetterei prima di dichiararci "anti capitalisti"; verrà anche quel momento ma è prematuro. L'anti liberismo invece è attualissimo e inizia ad essere comprensibile anche alla piccola e media borghesia).

Anonimo ha detto...

@anonimo_28 dicembre 2014 11:39

a proposito di sintesi e spot da mandare...
Stai dicendo che la casalinga, il pensionato e l'adolescente stavano meglio quando "il teleimbonitore" gli raccontava che i ristoranti erano pieni e che c'era sempre un milionario da sposare?
Che le condizioni materiali percepite come buone (necessarie ma non sufficienti) implichino sempre la gioia)?
Che un welfare evoluto preservi dall'angoscia?
Che il cristianesimo sia "la religione"?
Che senza dio non ci sia vita religiosa-spirituale?
francesco

ps. a proposito di demolizione di luoghi comuni, un maestro del paradosso (qualche refuso nella traduzione)...
http://www.osho.com/it/read/osho/vision/the-religions-their-fundamental-mistake

Anonimo ha detto...

Ad anonimo delle 15.48

Sto dicendo che i teleimbonitori, quello vecchio e quello giovane,
Usano messaggi brevi e chiari per chi non ha tanta voglia di approfondire, del tipo:
Meno tasse ( ci credono tutti ) cambieremo il paese ( in peggio.. ).
Bisogna quindi sintetizzare il pensiero antiliberista in brevi pillole di verità;
anche perchè la logica è dalla parte della visione socialista.

Non avere mutui da pagare, non avere la paura che ci portino via la casa
non avere la paura di finire sulla strada non è tutto certo, rimmarrebbe sempre
la paura delle malattie e delle calamità naturali, ma sarebbe un gran sollievo, credimi.

Ci sono molte religioni e bisogna garantire a chiunque di scegliersi
quella che ritiene più adatta a lui.
L'unica religione che non deve essere tollerata è la religione del Dio
denaro e di chi la pratica sfruttando il prossimo per tornaconto
arraffando ciò che non è suo.

Ricorda sempre che la torta tra amici va divisa in parti uguali
anche se gli amici sono molto diversi tra loro nell'aspetto
e nell'intelligenza, altrimenti siamo una famiglia di m....

Anonimo ha detto...

@anonimo_del_28 dicembre 2014 19:57

se hai avuto la pazienza di leggere dove invia il link...

c'è solo una religione se ci può essere solo una scienza, stabilito un metodo e/o un paradigma.

se chiami religione qualsiasi cosa discenda da un libro o da un uomo che parla di dio poi devi tollerare il fatto che ci possa essere chi si senta moralmente autorizzato ad approfittarsi del prossimo.

Anonimo ha detto...

Cominciamo con la constatazione che fare delle Religioni di tutte le erbe un fascio porta fuori strada. Infatti tutte le religioni hanno particolarità ben distinte. Il Fronte liberista globalizzatore viene sostenuto da religioni individualiste le quali sono principalmente la religione Giudaica e i Protestantesimi Calvinisti. Le altre religioni inclinano per il carattere collettivista: Cristianesimo Cattolico in primis. Pure l'Islam sarebbe collettivista sebbene interpretato variamente dalle sette.
Avere religioni così diverse porta a visioni del mondo diverse. Il Marxismo preTENDEWa di essere creduto una religione ma era solo una filosofia finalizzata al NWO.
Trattare il problema tenendo conto delle convinzioni religiose dei gruppi umani sarebbe tuttavia abbastanza intelligente.

Anonimo ha detto...

@anonimo_29 dicembre 2014 13:07

sempre dal link...
scienza oggettiva e scienza soggettiva...
e della seconda distinguerei: scienza del risveglio e scienza dell'addormentarsi.
parte della scienza dell'addormentarsi, imprescindibile, una morale a cui obbedire se vuoi il premio ultraterreno, nessuna legge di Cesare sembra reggere quella di dio/demonio.
di cosa si dovrebbe tener conto nello scegliere una religione letargica?
ma dubito che questo (scelta) accada, se e dove possibile, cioè che dopo essersi affrancati dalla scelta fatta per noi dalla famiglia, società o casta, poi si voglia provare a dormire con un narcolettico diverso da quello da cui siamo dipendenti, di solito basta aumentare la dose...
a me questo ricorda la giovinezza, l'effetto lisergico di quando sfogliando il menu nei coffe shop olandesi pregustavo lo sballo...è una scienza (chimica) pure quella, come alcol, sesso, potere...francesco

Anonimo ha detto...

La questione va vista da un'angolazione più obiettiva: è vero che il Capitalismo può essere la causa di tutti i guai dell'umanità ma vanno fatti dei distinguo in fatto di religioni. Non è che occorra evitare di lasciare la religione al capitalismo, ma e purtroppo, ci sono capitalisti che contemporaneamente sono anche molto religiosi. E qui bisogna proprio dissipare un grosso equivoco:: ci sono religioni come quella calvinista (che per altro deriva molto strettamente dal Giudaismo) che pur definendosi "cristiana" è ben diversa dal Cattolicesimo. Questo non sbaglia ad attribuire ai "calvinisti" la qualifica di "anticristi". Il Cristo dei Cattolici è un collettivista, Calvino era un individualista. Fra gli Americani prevalgono le confessioni derivate dal Calvinismo che professano la dottrina della predestinazione e considerano la ricchezza segno e prova della predilezione divina. Chi riflette su questa differenza deve ammettere che Cattolici e Calvinisti hanno visioni del Mondo completamente differenti perché i calvinisti ammettono che la ricchezza si possa conseguire con ogni mezzo essendo il suo possesso prova tangibile delle benedizioni divine. E chi si mette di traverso finisce male come dimostra la Storia, diritti dell'uomo o no perchè i "diritti" appartengono ai "prediletti". Perciò guerre, violenze e sopraffazioni non sono quelle cose orribili che scandalizzano i "cattolici" convinti.

Anonimo ha detto...

Siete tutti troppo complicati
e rischiate di confondere le idee al prossimo.
Le cose sono semplicissime.
Fate un test: cosa suscitano in voi queste parole?

1) COMPETIZIONE (parola che andrebbe appesa in tutti
i cessi del mondo per stimolare la peristalsi)
( si salva solo la competizione sportiva).

2) LEGGE DEL PIU FORTE.

3) SELEZIONE NATURALE ( applicata al consorzio umano )

Bene, se queste parole vi fanno vomitare allora
siete comunisti e pure cristiani ( senza distinzione
tra cattolici valdesi ortodossi ecc...)

Anonimo ha detto...

@anonimo_del_30 dicembre 2014 11:40

La fai semplice.
Mi ritrovo a vomitare ateo e confuso.
francesco

Anonimo ha detto...

all'anonimo delle 20.22

irriguardoso e sprezzante
e ti chiami pure francesco...
era meglio se ti chiamavano adolfo...
Si, adolf è il nome giusto per te.

Anonimo ha detto...

no, perché?! leggi bene come era stata posta la domanda:
chi non vomita comunista e cristiano non è...
condivido lo stimolo a vomitare sulle cose indicate ma resto ateo...quindi confuso circa l'assioma comunista=cristiano.

il nome sannyasin completo è sw.veet francesco (significa "oltre francesco" in sanscrito)
http://www.neosannyas.org/names/v/italian.aspx

ps. occhio ai gesuiti della politica italiana, con il "fratello" al cuppolone adesso ambiranno al colle scalzando quegli altri.
http://www.formiche.net/2013/05/04/opus-dei-papa-francesco-chiesa/

Anonimo ha detto...

All'anonimo della "Legge del più forte".
E' una legge primordiale in vigore da che mondo è mondo, ma proprio per questo gli Umani hanno dato vita a cultura. leggi, e religioni dato che, per salvarsi dalle tigri e dai mostri è stato necessario far ciò per sopravvivere come specie.
Gli Umani, fino a prova contraria, sono costituiti da materia e spirito.
Perciò: evitiamo le scoperte dell'acqua calda:
Senza leggi, cultura e religioni non ci sarebbero state le civiltà umane.
Tornare ab "imis" significa aprire la strada ad un processo di devastazione dell'Umanità senza dubbio caro a Shiva e a Satana (soprattutto a Costui).
Il "movimento" o ("progetto") c'era fino all'età dei Lumi con i quali, stranamente ma pure deplorevolmente, molte luci si sono spente e al buio è più facile sbattere.

Anonimo ha detto...

@anonimo_del 1 gennaio 2015 11:03

Si parlava se tra le religioni ci fosse anche l'opzione atea o buddista, respingevo che si fosse tutti cristiani in quanto comunisti e/o viceversa, portavo la mia esperienza di scienza spirituale, lo zen.

Il dato controfattuale che senza "religione" (istituzione che discende da un messaggero divino, libro sacro, figlio unigenito, cognato del profeta etc.) ci sarebbero state meno evoluzione e/o meno guerre non mi convince.

Da quel poco che bazzico l'india direi che Shiva ("il distruttivo"...ma anche "il benevolo", se annienta i nemici) è sicuramente celebrato ma "contenuto" dal principio immutabile-autorevole incarnato da Vishnu molto celebrato anch'esso. A differenza del cristianesimo i templi e luoghi dedicati al creatore, Brahma, sono molti meno.
http://it.wikipedia.org/wiki/Trimurti

Se la legge del più forte non significa chi ha la clava più grossa o la bomba atomica più distruttiva, bensì capacità creativa, intelligenza, compassione...allora ben venga, sennò si finisce come i ragazzi tedeschi che marciavano con lo Zarathustra nello zaino...succede se di un metodo (relativismo, tutto è connesso, il basso partecipa all'alto, e non solo il contrario) se ne fa un assoluto (nichilismo, io sono io e voi nun siete un c... oppure nemici, o solo temporanei alleati).
(veet) francesco

Anonimo ha detto...

all'anonimo delle 20.22 e 21.25

ok scusa,forse ho interpretato male...
chiedo scusa se ti ho chiamato adolf...

Mi sembra però che complessivamente ci sia una difficoltà
a trovare e sintetizzare dei punti condivisi.
Se la domanda era: DI CHE MOVIMENTO POLITICO
ABBIAMO BISOGNO?
Io farei questa domanda: QUALI SONO I PUNTI FERMI
SUI QUALI POSSIAMO ESSERE TUTTI D'ACCORDO?
Penso siamo tutti d'accordo che la parola COMPETIZIONE
vada sostituita con COOPERAZIONE... e nessuno si
offenderà per questo se non qualche irriducibile
manager o responsabile delle risorse umane.

Per quanto riguarda il rapporto tra comunismo e cristianesimo
la mia idea detto in modo semplice è questa:
Le due filosofie sono simili e hanno la stessa motivazione: LA GIUSTIZIA.
IL DESIDERIO ABNORME DI GIUSTIZIA.
La differenza tra i due sta nel fatto che i cristiani,
a volte si sentono un pò scoraggiati,cioè hanno come la sensazione
che la giustizia in questo mondo non sia possibile, e rinunciando
giustamente a farsi giustizia da se, ( per non diventare violenti
come i loro carnefici) spostano l'attesa della giustizia vera
dal mondo a "dopo il mondo".

Spero abbiate capito bene le mie parole:
Il cristiano vero, di fatto non di nome, cerca la giustizia
a tutti i livelli consapevole dei suoi limiti umani.
Non solo aspetta quella definitiva in cielo ma la persegue
sicuramente in terra. Le due cose sono complementari.

Ora ci sono alcuni di voi che ci tengono a precisare di essere atei.
Poi ci sono quelli che sono interessati ad altre religioni,ad esempio il buddismo.
Certo ci sono delle differenze enormi tra buddismo e cristianesimo.
L'una contempla l'eterno ritorno, l'altra auspica l'addio per sempre
a questo vile mondo padronale e confindustriale.
Ma a ben guardare le due religioni,tutte le religioni, possono e devono condividere
dei punti fermi: no alla guerra, alla violenza, egoismo, avidità, sfruttamento
e chi più ne ha più ne metta.
Se non sbaglio mi sembra che fu Giovanni Paolo 2 a incontrare il Dalay Lama in un incontro
ecumenico tra tutte le religioni.

Quindi per concludere , se uno ci tiene a sottolineare di essere
ateo o buddista o induista o mussulmano benissimo...
ma per favore smettiamola di fare i mangiapreti perchè hanno fatto questo e quello
perchè hanno appoggiato gli industriali perchè hanno scomunicato i comunisti
(per forza... se demolisci loro le chiese impedendo di professare il culto )
perchè non pagano l'imu ecc.ecc.ecc.
Certo hanno sbagliato anche i preti ma spero di avervi spiegato come
il cristianesimo e il comunismo hanno alla base la stessa motivazione: LA GIUSTIZIA.
Forse a breve i tempi saranno maturi per scomunicare il capitalismo e riabilitare
il socialismo.

CONCLUSIONE: CHIUNQUE DI NOI SI SFORZA DI PERSEGUIRE LA GIUSTIZIA
PUò DIRSI TRANQUILLAMENTE ANCHE CRISTIANO. capite? non è un offesa è un senso
di appartenenza in più, se vi può far piacere...
Ritenete che Dio non sia scientificamente plausibile? ok
Oppure vi sentite spiritualmente appagati ascoltando un disco di Bob Marley? ok
Se amate la GIUSTIZIA siete, che lo vogliate o no, comunisti e cristiani.


Bene, spero che adesso non arrivi qualcuno a dirmi che ho detto un sacco
di boiate, ma arriverà... garantito... ma non vi rispondo più perchè ho
scritto abbastanza.

VI SALUTO E VI AUGURO UN BUON ***2015***

Anonimo ha detto...

Non ci sono altri vocaboli oltre alla parola"giustizia" che vengano pronunciati a suon di trombe altrettanto roboantemente. Gli Oratori di qualsiasi genere si riempiono la bocca con tale vocabolo ostentando aggressività, sicurezza, compiacimento e superiorità.
"Giustizia", dicono semplicemente i dizionari, significa "dare a ciascuno ciò che gli spetta". Ma qui sta il "busillis". CHi è in base a quali considerazioni viene stabilito ciò che spetta o non spetta?
E' il solito trabocchetto semantico-linguistico che cerca di evitare di circostanziare i concetti.
Così, come spessissimo accade con i termini astratti , il concetto di Giustizia cade in balia delle più differenti "opinioni".

Anonimo ha detto...

@anonimo_del_2 gennaio 2015 11:37

il rischio di fare retorica c'è sempre, a proposito, tu come ne sfuggi i trabocchetti?
come si dovrebbe/potrebbe, o meno, parlare di giustizia?

Anonimo ha detto...

Quando si cita la parola giustizia bisogna integrare il discorso citando il sistema di riferimento nell'ambito del quale s'intende far operare la Giustizia.
Ora è facile capire che ci si addentrerebbe in un ginepraio perché ne verrebbe una gran complessità e quindi la confusione sarebbe un grosso rischio.
Essendo l'argomento troppo complicato generalmente si preferisce che ciascuno interpreti il termine a modo suo. In retorica questo significa sfruttare l'anfibologia, il che si può fare senza rendersene conto oppure per ingannare gli interlocutori (specie in politica).

Anonimo ha detto...

salve mi sto interessando da poco di movimenti sociali economici, cercando materiale video, testi come questo, devo ammettere di trovare molto complicato il comprendio totale della prefazione del testo sulla creazione di un nuovo movimento politico , mi pare riformulato da concetti comunisti e socialisti, insomma un partito anticapitalista, ora dalla mia cultura superficiale in materia i primi dubbi che mi sorgono sono 1) siamo sicuri che il capitalismo democratico non sia attualmente il miglior movimento socio politico per l'uomo contemporaneo? ho studiato un po il socialismo democratico applicato allo stato pratico in una comunita mi pare in sud america che si è rilevato un totale fallimento, il comunismo con economia statalista non so se potrebbe funzionare, l ostesso Bertinotti ha ammesso che antepporre l'antiliberismo individuale per una causa statale comune è una specie di schiavitù, per cui mi pare che alla fine sia il comunismo che il socialismo democratico non vadino bene, ed è meglio riformare il capitalismo pensando più alla dignita del popolo 2) sono d'accordo sulla funzione della chiesa cattolica o della presenza di varie religioni ma perché non tassarle? anche io sono ateo , ho sempre provato un po di avversione verso queste istituzioni che predicano la morale verso una vita futura di cui non si ha certezza 3) nome del partito , dovrebbe essere più sintetico secondo me e classificabbile con 3 sillabe, che ne dite tipo partito italiano popolare unito ad esempio?

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